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La stanza del nonno (24) Enrico Di Troia (EDIT)
Disintegration è stato registrato alla fine dell’autunno, nella campagna inglese. Era malinconico. L’atmosfera era molto, molto cupa. Io non dicevo una parola, una situazione che con il tempo è diventata quasi divertente. Passavo appunti a Roger (O’Donnell, ndr) per dirgli cosa andava bene e cosa no, non volevo parlare. Credo che ne conservi ancora qualcuna. Suona artificioso, stupido, ma ero convinto di dover creare un’atmosfera in cui tutti comunicassero in maniera non-verbale. Si capisce che prendevo gli acidi, no? – Robert Smith
Il 2 maggio 1989 i Cure pubblicavano Disintegration (Fiction Records), il loro ottavo album in studio, un lavoro che va annoverato a pieno titolo tra le pietre miliari del filone dark-punk/pop.
Registrato negli Outside Studios del Berkshire, Disintegration è stato il disco di maggior successo della band inglese – doppio platino negli USA, 12° posto nella classifica Billboard 200.
Disintegration viaggia su binari decisamente meno cupi ed oscuri rispetto a quelli dei primi lavori di Robert Smith e soci, presentando un sound nettamente più pop/rock e a tratti psichedelico. Si tratta di un album più “commerciale”, intriso di romanticismo e di atmosfere sognanti, che rientra appieno nella categoria dei concept, basandosi su di una sorta di viaggio/percorso catartico che, attraverso i meandri della depressione più buia, punta a ritrovar la ragione e, con essa, forse, la luce e la speranza.
Se è vero che Disintegration si caratterizza soprattutto per la presenza di brani tetri, Lovesong, Pictures of You e Lullaby sono l’eccezione che conferma la regola, essendo molto orecchiabili e dal gusto popular.
Di seguito, la clip di LULLABY, rappresentazione in musica degli incubi di Robert Smith (e della sua aracnofobia): una “filastrocca horror un po’ artificiosa“, come è stata definita.
Scritto da: Skatèna
Aut. SIAE n. 15084/2024
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