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Billie Holiday, l’indimenticabile “Signora” del jazz

todayLuglio 17, 2024 22 16

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Billie Holiday, al secolo Eleonora Fagan, nacque il 7 aprile 1915 a Philadelphia e trascorse la sua infanzia a Baltimora, spesso affidata a parenti o amici della madre che, per quanto lavorasse come sguattera o ballerina, tra mille difficoltà cercava di mantenerla. Il padre, un suonatore di banjo, abbandonò presto la famiglia per seguire le orchestre itineranti.

Quando i suoi genitori si separarono, Eleonora era giovanissima e crebbe ribelle, trascorrendo purtroppo anche del tempo in riformatorio.

Trasferitasi a New York con la madre, entrambe finirono per lavorare nei bordelli, e fu proprio nel salotto di uno di questi che Eleonora si appassionò al jazz, ascoltando i dischi di artisti come Bessie Smith e Louis Armstrong.

Per sbarcare il lunario, lavorava come cameriera nei club, e nel frattempo si esibiva anche come cantante. In  tali contesti cominciarono a chiamarla Lady (la Signora), perché non permetteva ai clienti di lasciarle la mancia infilandole le banconote tra le cosce. In seguito decise di farsi chiamare Billie Holiday, ispirandosi al nome di un’attrice che adorava, Billie Dove. Una sera, esibendosi in uno di questi club, venne notata dal produttore discografico John Hammond, il quale in seguito disse di lei:

Si imponeva per la sua voce intensamente drammatica, per la sua capacità di ‘volare’ sul tempo e per l’emozione che sapeva trasmettere.

E’ proprio il caso di dire che la musica salvò Billie, in quanto cambiò in meglio la sua vita, segnata da violenze e abusi sin dalla sua infanzia, tanto che alcune dinamiche rimasero quasi sempre una costante delle sue relazioni (il dolore e i ricordi non felici la portarono a cercare spesso conforto nell’alcol e nelle droghe).

Billie morì il 17 luglio 1959 a soli 44 anni. E oggi, nel giorno dell’anniversario della sua dipartita, voglio renderle omaggio con Strange Fruit, canzone che la rese famosa al di fuori dell’ambiente jazz, nonché uno dei suoi cavalli di battaglia (venne composta da un insegnante ebreo comunista, Abel Meeropol, che la firmò  con lo pseudonimo Lewis Allan).

Gli alberi del Sud producono uno strano frutto,/ sangue sulle foglie e sangue alle radici,/ un corpo nero che ondeggia nella brezza del Sud,/ uno strano frutto che pende dai pioppi.

  • Il brano era stato ispirato da una terribile foto scattata in Indiana, che ritraeva una folla di bianchi festanti davanti ai corpi di due uomini di colore, appena massacrati di botte e poi impiccati a un albero. Negli Stati del Sud la pratica del linciaggio era largamente diffusa sin dalla guerra di secessione (in lento calare, fino alla Seconda Guerra Mondiale), praticata a volte anche solo come forma di divertimento popolare nelle cittadine più povere. La canzone è un capolavoro di scrittura e interpretazione, oltre che un inno contro il razzismo: segna la transizione dal linguaggio in codice nelle canzoni afroamericane (come accade nel gospel, ad esempio) a un grido esplicito di dolore e protesta. Lo “strano frutto” del titolo si riferisce proprio al corpo di quei due uomini uccisi e appesi a un albero. (MARIA ANTONIETTA BERTACCO)

Fonte immagine in evidenza: https://www.flickr.com/photos/43323983@N04/4012539394


 

Scritto da: Skatèna

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